pubblichiamo la recensione di Palestina 2048 – Racconti a un secolo dalla Nakba comparsa sul numero 2 (primavera 2022) di Arabpop – Rivista di arti e letterature arabe contemporanee
di Ale/Sandra Cane
Come sarà la Palestina di domani? L’antologia Palestina 2048 – Racconti a un secolo dalla Nakba prova a immaginarla attraverso scenari fantascientifici e distopici che portano alla luce anche i tragici eventi del popolo palestinese
Quale significato dare al futuro quando il presente sembra non offrire altro che narrazioni di oppressione, violenza e colonizzazione? I racconti distopici e fantascientifici contenuti nell’antologia Palestina 2048 – Racconti a un secolo dalla Nakba, a cura di Basma Ghalayini e pubblicata in Italia da Lorusso Editore (2021), cercano di rispondere a questa domanda, rappresentando la Palestina un secolo dopo un evento storico drammatico, non a caso definito Nakba, “catastrofe”. Nel 1948, con l’espulsione, il massacro e la pulizia etnica di gran parte della popolazione che viveva in Palestina da generazioni, le milizie del movimento sionista fondarono lo stato di Israele. La Nakba non è solamente un fenomeno del passato, ma un processo di colonizzazione ancora in atto attraverso la creazione di un regime di apartheid che limita i diritti umani e le libertà basilari del popolo palestinese a favore del benessere e dell’espansione di Israele.
In un contesto del genere, immaginare il futuro della Palestina sembra un compito quasi impossibile: Israele non solo occupa e colonizza fisicamente uno spazio geografico, ma anche la memoria, le narrazioni e l’immaginazione palestinesi. Scrivere della Palestina del futuro diventa, quindi, un gesto creativo di resistenza, attraverso cui lə autorə dell’antologia ripensano, riconfigurano e interrogano la situazione presente.
Provare a immaginare il proprio domani diventa una modalità di affermazione dell’esistenza palestinese e, di conseguenza, di lotta alla cancellazione fisica e culturale.
I dodici racconti dell’antologia non offrono visioni di una Palestina totalmente libera, ma riflettono sugli effetti e i traumi intergenerazionali che la Nakba ha provocato e continuerà a provocare, lasciando intravedere, tuttavia, forme inedite di resistenza nel futuro. Le parole di Ahmed Masoud, autore di uno dei racconti presenti nel libro, e che ho avuto l’occasione di intervistare, chiariscono bene l’obiettivo dell’antologia: «Spesso a noi palestinesi è richiesto di immaginare la Palestina del futuro, post-occupazione, post-colonizzazione, libera finalmente da razzismo e apartheid, ma per una comunità oppressa e marginalizzata diventa un compito troppo oneroso. Quello che a me interessa e quello che questa antologia fa è dare visibilità alla nostra situazione, è porre il problema di come potrà evolversi in futuro e di quali connotazioni potranno assumere l’occupazione e l’apartheid».
Nel suo racconto, Applicazione 39, Masoud presenta una Palestina sempre più divisa e frammentata, in cui due giovani di Gaza City, Rayyan e Ismael, riescono ad hackerare il sito web del Comitato Olimpico e a far sì che i Giochi Olimpici del 2048 vengano ospitati nella loro città. Questo sabotaggio porta conseguenze inaspettate: la temporanea interruzione dell’assedio della Striscia di Gaza da parte delle forze israeliane. Lo scrittore ha concepito il suo testo come «un avvertimento per il popolo palestinese a rendersi conto di quello che l’occupazione sta causando alla nostra società e di quello che potrà accadere in futuro. Guardando a ciò che accade oggi in Palestina, mi è venuto naturale pensare a come le nostre comunità saranno ulteriormente separate e contrapposte e a come Israele continuerà a esasperare le nostre divisioni». Allo stesso tempo per l’autore immaginare le Olimpiadi a Gaza è «un modo per provare a raccontare una Palestina libera, perché magari un giorno potremo davvero ospitarle e sarà fantastico».
Nella storia di Ahmed Masoud, l’amicizia e l’affetto permettono ai due protagonisti di resistere e sopravvivere, mettendo in discussione il sistema coloniale e la società palestinese stessa. L’importanza dei legami affettivi è un tema ricorrente nei racconti di Palestina 2048. Per esempio, in Un fatto comune di Rawan Yaghi, Adam e sua sorella Rahaf affrontano la realtà distopica di una città simile a Gaza, prendendosi cura l’uno dell’altra, inventando storie e interpretando personaggi di un mondo alternativo e utopico. Il loro è un atto che riumanizza la vita in un contesto in cui attacchi di droni, bombardamenti e sistemi di sorveglianza la disumanizzano costantemente. In maniera simile, in Il canto degli uccelli di Saleem Haddad, solo l’amore per il fratello, Ziad, apparentemente morto suicida, permette alla protagonista Aya di fuggire da una simulazione digitale della Palestina: una prigione utopica e distopica allo stesso tempo, creata da Israele a partire dalle memorie idealizzate di ogni palestinese. Se in questo caso la memoria diventa una trappola da cui sembra impossibile scappare, in L’associazione di Samir El-Youssef il passato stesso viene cancellato dalla politica: un accordo di pace tra Israele e la popolazione palestinese vieta lo studio e la commemorazione pubblica degli eventi passati. L’oblio appare come l’unico modo per garantire la pace e il progresso di un nuovo stato, ma una misteriosa associazione lotta per il diritto a ricordare le sofferenze, la resistenza e l’esistenza palestinesi, considerando la memoria l’unico strumento per combattere la violenza e l’imposizione di un futuro senza passato.
Se da una parte la solidarietà, l’amore e la memoria stessa diventano mezzi per la lotta verso la liberazione della Palestina, dall’altra quello che rivelano molte delle storie raccolte nell’antologia è il crescente uso della tecnologia e dello sviluppo capitalista da parte di Israele per il mantenimento del proprio dominio. Vendetta di Tasnim Abutabikh, per esempio, racconta di una Palestina devastata dal cambiamento climatico e dall’inquinamento, in cui la popolazione è controllata dalle autorità israeliane tramite la distribuzione parcellizzata dell’ossigeno e un’avanzata tecnologia di sorveglianza. Proprio per questo Palestina 2048 ribalta l’idea di progresso tecnico-scientifico come mezzo di affermazione e avanzamento della civiltà, tipico del genere della fantascienza. Decostruendo una narrativa del futuro prettamente occidentale, l’antologia rivela come la liberazione di un popolo non possa essere ottenuta con gli stessi strumenti e con la violenza della colonizzazione. In Ci dorma su, dottor Schott di Selma Dabbagh, Gaza è trasformata – grazie a investimenti esteri in criptovalute – in un’enclave ipertecnologica concentrata a portare avanti una guerra infinita contro Israele. La storia descrive uno stato di polizia ossessionato dalla paura del fallimento, al punto da vietare ogni genere di sentimento empatico, percepito come un segno di debolezza. Ma la tecnologia, invece di garantire il benessere della popolazione palestinese, ne esaspera l’esistenza, producendo un regime di paranoia che punisce qualsiasi legame affettivo.
Palestina 2048 apre a una riflessione su come la Nakba possa proiettare i suoi effetti traumatici e violenti anche nel futuro, mettendo in luce come l’esistenza palestinese sia sempre sull’orlo della distruzione. Parallelamente le storie, per quanto drammatiche e distopiche, sono animate dal desiderio di affermare la possibilità per lə palestinesi di esistere e resistere nel tempo, contro i limiti imposti dal colonialismo e dall’oppressione. L’antologia rivela, inoltre, le potenzialità utopiche della lotta per la liberazione della Palestina, nonostante le ingiustizie e le avversità, come mi ha spiegato Ahmed Masoud nella nostra conversazione: «A maggio del 2021, quando sono ricominciati gli attacchi, le provocazioni e i bombardamenti da parte delle forze israeliane, migliaia di persone sono scese nelle strade di Gaza, della Cisgiordania, dei territori del ’48 per reclamare diritti umani, mentre manifestazioni di solidarietà si svolgevano in tutto il mondo. È uno spiraglio su un futuro diverso».
Ale/Sandra Cane (they/them) è ricercatorə indipendente di studi di genere e di cultura queer. Appassionatə di Palestina e cultura palestinese, ha appena concluso un master alla SOAS University of London. Lavora come social media manager e ufficio stampa di Pirelli HangarBicocca, museo di arte contemporanea di Milano, e collabora con riviste e magazine online