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Shahd Abusalama reintegrata nell’università di Sheffield dopo le false accuse di “antisemitismo”
L’accademica e attivista palestinese Shahd Abusalama è stata reintegrata nel suo incarico di insegnante  presso la Sheffield Hallam University, nel nord del Regno Unito, una settimana dopo essere stata rimossa a seguito di una campagna di diffamazione da parte di organi di stampa e account social filo-israeliani.

di Riccardo Martorana

Shahd Abusalama, autrice del libro Palestine from my eyes – Una blogger a Gaza (Lorusso, 2013), raccolta dei principali articoli tradotti in italiano e dei disegni tratti dal suo omonimo blog, dottoranda presso la Sheffield Hallam University, è stata di recente nominata associate lecturer e il 21 gennaio avrebbe dovuto svolgere la sua prima lezione. A poche ore dall’inizio del corso, l’università ha comunicato alla ricercatrice di essere stata rimossa dall’incarico a causa di un’indagine interna in corso nei suoi confronti e che, secondo le norme dell’università, Abusalama non avrebbe potuto insegnare fino alla conclusione delle indagini. Il procedimento è stato avviato a seguito di un reclamo ricevuto dall’Università che accuserebbe la ricercatrice di avere espresso posizioni antisemite, avendo contravvenuto all’impegno della Sheffield Hallam University di adottare la definizione internazionale di antisemitismo introdotta dall’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance), che vieta l’associazione delle azioni di Israele con quelle della Germania nazista.
Nei giorni successivi alla sospensione, la forte pressione esercitata pubblicamente – da gruppi di studenti e membri della Sheffield Hallam University e della University and College Union, oltre che da giornalisti, artisti, accademici, figure politiche, attivisti per i diritti umani e associazioni culturali di tutto il mondo – ha indotto l’università britannica a reintegrare Shahd Abusalama. Abusalama ha dichiarato tramite Twitter di essere stata convocata dall’ufficio dell’amministrazione della Sheffield Hallam University e che l’università ha ammesso di non avere gestito il caso nel modo corretto e di non aver trovato alcuna traccia di antisemitismo nel suo lavoro.


Nonostante Abusalama abbia dichiarato di non avere avuto la possibilità di conoscere nel dettaglio il contenuto delle accuse e gli autori della contestazione, e quindi di difendersi delle accuse ricevute, non è stato difficile ricostruire la matrice della contestazione. Infatti, come riportato da Electronic Intifada, il giorno prima del provvedimento dell’Università, Jewish Chronicle, una nota testata anti-palestinese con sede a Londra, già protagonista in passato di attacchi pubblici e diffamazioni, ha inviato alcune email ad Abusalama preannunciandole la pubblicazione di un articolo in opposizione al suo incarico di insegnamento, che avrebbe fatto riferimento ad alcuni post di Abusalama sui social media. Abusalama ha risposto spiegando il contesto di pubblicazione di ciascuno dei suoi post e dicendo di comprendere l’intenzione intimidatoria della testata londinese in opposizione alle critiche da lei espresse nei confronti di Israele. Inoltre, il 24 dicembre, il settimanale Jewish News e l’organizzazione non governativa Campaign Against Antisemitism avevano attaccato pubblicamente Abusalama per avere difeso su Twitter uno studente che aveva realizzato un poster con scritto ‘fermate l’olocausto palestinese’.
Shahd Abusalama, arrivata nel Regno Unito come studentessa nel 2014, subito dopo il tour di presentazioni del suo libro in Italia, è una figura molto attiva nell’ambito delle iniziative di opposizione critica verso Israele. Dal 2010, quando risiedeva ancora a Gaza, è autrice del blog Palestine from my eyes, in cui racconta della sua famiglia di rifugiati e riporta storie di resistenza sotto gli attacchi di Israele. Abusalama è una delle principali organizzatrici del movimento di protesta che dal 2017 si oppone proprio all’adozione della definizione di antisemitismo introdotta dall’IHRA, approvata da molti organi e istituzioni britannici e internazionali – tra cui il secondo governo conservatore di Theresa May e il partito laburista britannico – inclusa la Sheffield Hallam University nel febbraio 2021. Come spiegato nel mini-documentario pubblicato da Electronic Intifada, Why Anti-Zionism is not Anti-Semitism, la definizione formulata dall’IHRA, tra i molti aspetti controversi, confonderebbe strumentalmente l’antisemitismo con l’antisionismo per delegittimare qualunque voce critica nei confronti di Israele accusandola di odio e discriminazione nei confronti degli ebrei.

Questa stessa arma di diffamazione era già stata usata contro un’altra iniziativa organizzata da Abusalama: il movimento per il boicottaggio dell’Eurovision 2019. In quell’occasione, Jewish Chronicle e UK Zionist Federation, anche in quel caso tramite la Sheffield Hallam University, aveva attaccato pubblicamente la mobilitazione che si opponeva all’edizione dell’Eurovision in programma a Tel Aviv – nel villaggio di al-Manshiya, distrutto e oggetto di pulizia etnica nel 1948 –, considerata dagli oppositori un’operazione di artwashing dei crimini di Israele.
Il caso di Shahd Abusalama ha molte analogie con altri casi avvenuti nel Regno Unito, dentro e fuori dal mondo accademico. Nel 2021, la Bristol University aveva licenziato il professore di sociologia politica David Miller a seguito di una lunga campagna di pressioni da parte di organizzazioni sioniste e dallo stesso governo di Israele. L’accademico era stato accusato di intolleranza per alcune sue ricerche nell’ambito del sionismo e rimosso dall’incarico nonostante fosse stato scagionato da due indagini indipendenti commissionate dall’Università. Un altro caso simile, più noto a livello internazionale, è quello che nel 2020 portò alla sospensione di Jeremy Corbyn dalla guida del Partito Laburista. Anche in quell’occasione, la pressione di un gruppo di investigazione politica organizzato dalla Campaign Against Antisemitism, durato cinque anni, aveva accusato l’ex leader di partito di antisemitismo. L’iniziativa era stata rivendicata con soddisfazione dal responsabile del gruppo filo-israeliano Joe Glasman che in un video aveva annunciato: «The beast is slain» (la bestia è stata sconfitta).
Shahd Abusalama non ha ancora accettato l’offerta di reintegro dell’Università e ha espresso la sua delusione nei confronti dell’istituzione di cui fa parte. Riferendosi all’accaduto, Abusalama ha dichiarato che il fatto che l’Università abbia preso in considerazione e legittimato le accuse razziste ricevute, avviando le indagini interne senza prima comunicare direttamente con lei, significhi che la politica della Sheffield Hallam University abbia bisogno di essere rivista, in quanto al momento non sia in grado di proteggere i propri studenti dagli attacchi esterni. «Non sono la prima ad essere presa di mira e non sarò l’ultima» ha detto, «il supporto ricevuto in questi giorni dimostra quanto gli studenti si sentano minacciati dalla crescente atmosfera intimidatoria all’interno dell’università». «La reintegrazione non ha cancellato il danno psicologico che mi è stato inflitto. (…) Sono vittima di cyberbullismo e di una campagna politica di diffamazione che sta cercando di distruggere la mia credibilità e quella della mia esperienza vissuta sotto l’occupazione di Israele».
Abusalama ha inoltre esortato i propri sostenitori a continuare a fare pressione sull’amministrazione dell’Università affinché venga rivista la decisione di accettare la definizione di antisemitismo dell’IHRA e che vengano protetti i membri dell’Università dai futuri attacchi esterni.

Shahd Abusalama reintegrata nell’università di Sheffield dopo le false accuse di “antisemitismo”