Lorusso Editore

Suicidi a Gaza, nel graduale genocidio commesso da Israele

Pubblichiamo la traduzione di un articolo di Shahd Abusalama, autrice del libro Palestine from my eyes – una blogger a Gaza, pubblicato sul suo blog Palestine from my eyes il 6 luglio 2020.

Il murale sulle macerie di una casa a Gaza recita una frase del famoso poeta palestinese Mahmoud Darwish: “Questa terra ci dà ciò che rende la vita degna di essere vissuta”
(foto tratte dal blog Palestine from my eyes)

Un’allarmante tendenza al suicidio si sta verificando tra i giovani della più grande prigione a cielo aperto del mondo, la striscia di Gaza, a causa di un soffocante blocco economico e militare. In meno di 24 ore, tre giovani sui 20 anni, Ayman Al-Ghoul, Sulaiman Al-Ajjouri e Ibrahim Yasin, si sono tolti la vita. Nello stesso tempo, una ragazza di 18 anni ha tentato il suicidio ingerendo grandi quantità di medicinali ma è sopravvissuta.
Seguo le notizie locali su Gaza con grande preoccupazione per le vite e per il potenziale di queste persone che rappresentano il futuro della nostra terra, ma i cui orizzonti sono estremamente limitati dal contesto di un brutale processo di disumanizzazione che va avanti dal 1948, quando un molti profughi palestinesi trovarono rifugio a Gaza, vedendo le loro speranza di ritornare sempre represse da Israele.
Mi preoccupo in particolare per mio fratello minore Mohammed, di 24 anni, che sta crescendo un bellissimo bambino con sua moglie Asma, in una estrema precarietà di vita.

(nella foto, mio fratello Mohammed, che ho visto per l’ultima volta nel 2013)

Nonostante le sue capacità, è disoccupato e sopravvive facendo tutti i lavori che gli capitano, anche se sottopagati. Ci sono giorni in cui passa da fare il commesso poi il barbiere e infine l’elettricista, ma ci sono anche molti giorni in cui non trova alcun lavoro

e si trova costretto a dipendere dallo stipendio da infermiera di mia madre, che aiuta la famiglia a mantenersi, mentre mio padre è pensionato e la sua unica entrata da prigioniero politico di lunga durata nelle carceri israeliane è sottoposta a tagli per la crisi finanziaria dell’autorità palestinese. E la cosa triste è che la mia famiglia se la passa meglio di come vada alla maggior parte delle famiglie per le quali ottenere un pezzo di pane è una lotta.

Questi suicidi sono il segnale di una mancanza di prospettive, a causa di un cumulo di violenze provenienti da tutte le parti che non lascia niente a cui aggrapparsi. E mentre gli abitanti sono sottoposti a un continuo trauma dovuto all’assedio e agli attacchi armati, il sostegno della salute mentale è considerato un lusso, non alla portata della maggioranza della popolazione.
Nel 2012, quando l’Onu avvertì che Gaza sarebbe diventata invivibile dal 2020, sottovalutarono la realtà disumana subita dalla popolazione per decenni di oppressione sotto l’apartheid israeliana. Secondo un recente rapporto dell’Onu, 3601 palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane e 100.000 feriti nell’ultimo decennio nei territori palestinesi occupati. Di questi, l’87% sono stati uccisi a Gaza, specie durante gli attacchi del 2012 e 2014, così come nelle manifestazioni della Grande Marcia del Ritorno, iniziate nel 2018 per chiedere la fine dell’assedio a Gaza e il diritto al ritorno dei rifugiati, che sono il 71% della popolazione di Gaza.

Tra questi incredibili numeri di vite perse e di disabilità permanenti, ci sono anche le 100.000 persone sfollate interne, costrette a spostarsi per i ripetuti bombardamenti su Gaza, per “tosare il prato”, come dicono gli ufficiali israeliani. Solo ieri, Israele ha bombardato molti terreni agricoli nella striscia di Gaza.
La maggior parte degli uccisi, dei mutilati, degli sfollati, sono giovani. Inoltre, la povertà imperversa a Gaza con tassi di disoccupazione oltre il 50%, che diventa il 70% tra i giovani sotto i 30 anni e il 90% tra le giovani donne. 26500 persone hanno perso il lavoro a Gaza nei primi tre mesi del 2020. Inoltre, l’80% dei lavoratori nel settore privato guadagna meno del salario minimo, secondo Gisha – Legal Center for Freedom of Movement, per il quale i tassi di disoccupazione non riflettono la reale estensione della povertà nella Striscia. Allo stesso tempo, ancor prima che l’epidemia da coronavirus colpisse il mondo, l’Oms metteva in guardia da possibili epidemie dovute al fatto che il 97% dell’acqua a Gaza non è potabile.
Mi preoccupo perché conosco l’immane violenza patita dai palestinesi, il trauma plurigenerazionale da loro sopportato, e le pressioni a cui sono sottoposti per sopravvivere a una vita di punizione, che devono vivere per il solo fatto di essere palestinesi. La punizione collettiva è un crimine secondo la 4° convenzione di Ginevra di cui Israele è firmataria. Nonostante ciò, Israele continua a commettere impunemente crimini di guerra nei territori occupati, ignorando le convenzioni per i diritti umani e il diritto internazionale.
Tutto ciò avviene mentre il mondo guarda Israele consolidare il proprio sistema di apartheid in tutta la Palestina storica, condannando i palestinesi a un graduale genocidio, come parte della loro strategia coloniale razzista che combatte l’esistenza stessa dei palestinesi sulla loro terra.

Quando ogni giorno è una lotta per la sopravvivenza, quando la vita odora di morte, quando anche le proteste pacifiche finiscono in un bagno di sangue, il mondo non lascia loro che reclamare la loro umanità. Le loro anime inseguiranno l’apartheid israeliano e i suoi alleati che supportano economicamente e militarmente la macchina che uccide i palestinesi e chiunque resti in silenzio mentre Gaza soffoca.
Fermate l’assedio a Gaza. Stop agli armamenti a Israele. Sanzioni all’apartheid israeliano. Palestina libera.

Shahd Abusalama, autrice dell’articolo
Suicidi a Gaza, nel graduale genocidio commesso da Israele